CHIUSO TEMPORANEAMENTE
La fiabesca residenza estiva della Regina Margherita
Per ammirare le bianche torrette del Castel Savoia, che sbucano dal fitto bosco, bisogna spingersi fino a Gressoney-Saint-Jean presso la località Belvedere, nella terra dei Walser, dove si parla il titsch, proprio ai piedi del colle Ranzola.
Qui, al cospetto del Monte Rosa, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la Regina Margherita, prima Regina d’Italia, elegge la località a dimora per le sue vacanze estive. La palazzina fu uno degli ultimi doni che Re Umberto I fece alla sua consorte perché poco dopo morì nell’attentato di Monza.
La sovrana amava questi luoghi che da anni facevano da cornice alle sue vacanze, trascorse inizialmente in paese presso la residenza del Barone Luigi Beck Peccoz, suo fidato amico.
Il turrito maniero è un continuo omaggio a Margherita di Savoia, sua musa ispiratrice, che subiva profondamente il fascino della montagna, mentre Gressoney subiva a sua volta il fascino della sua Regina.
CENNI STORICI Appartenuto per secoli alla famiglia Challant, il castello conserva i caratteri di una elegante e raffinata dimora signorile della fine del Quattrocento.
Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati e uniti, creando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all‘italiana, sul cui alto muro di cinta erano dipinti personaggi famosi ed eroi. L’ampio porticato al piano terreno protegge una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre il centro del cortile è ornato dalla celebre fontana in ferro forgiato detta del Melograno, simbolo di prosperità. Molti ambienti del castello sono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, quali gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica.
La dimora fu acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo: egli, con un’attenta campagna di restauro, restituì al maniero il suo splendore. Il castello di Issogne si presenta oggi con alcuni elementi dell‘originale mobilia e altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento che insieme a numerosi oggetti d‘uso domestico ripropongono l‘ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo, al quale è stato recentemente dedicato un percorso di visita.
PERCORSI DI VISITA Appartenuto per secoli alla famiglia Challant, il castello conserva i caratteri di una elegante e raffinata dimora signorile della fine del Quattrocento.
Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati e uniti, creando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all‘italiana, sul cui alto muro di cinta erano dipinti personaggi famosi ed eroi. L’ampio porticato al piano terreno protegge una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre il centro del cortile è ornato dalla celebre fontana in ferro forgiato detta del Melograno, simbolo di prosperità. Molti ambienti del castello sono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, quali gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica.
La dimora fu acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo: egli, con un’attenta campagna di restauro, restituì al maniero il suo splendore. Il castello di Issogne si presenta oggi con alcuni elementi dell‘originale mobilia e altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento che insieme a numerosi oggetti d‘uso domestico ripropongono l‘ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo, al quale è stato recentemente dedicato un percorso di visita.
MEDIA GALLERY Appartenuto per secoli alla famiglia Challant, il castello conserva i caratteri di una elegante e raffinata dimora signorile della fine del Quattrocento.
Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati e uniti, creando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all‘italiana, sul cui alto muro di cinta erano dipinti personaggi famosi ed eroi. L’ampio porticato al piano terreno protegge una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre il centro del cortile è ornato dalla celebre fontana in ferro forgiato detta del Melograno, simbolo di prosperità. Molti ambienti del castello sono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, quali gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica.
La dimora fu acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo: egli, con un’attenta campagna di restauro, restituì al maniero il suo splendore. Il castello di Issogne si presenta oggi con alcuni elementi dell‘originale mobilia e altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento che insieme a numerosi oggetti d‘uso domestico ripropongono l‘ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo, al quale è stato recentemente dedicato un percorso di visita.
PROTAGONISTI Appartenuto per secoli alla famiglia Challant, il castello conserva i caratteri di una elegante e raffinata dimora signorile della fine del Quattrocento.
Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati e uniti, creando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all‘italiana, sul cui alto muro di cinta erano dipinti personaggi famosi ed eroi. L’ampio porticato al piano terreno protegge una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre il centro del cortile è ornato dalla celebre fontana in ferro forgiato detta del Melograno, simbolo di prosperità. Molti ambienti del castello sono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, quali gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica.
La dimora fu acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo: egli, con un’attenta campagna di restauro, restituì al maniero il suo splendore. Il castello di Issogne si presenta oggi con alcuni elementi dell‘originale mobilia e altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento che insieme a numerosi oggetti d‘uso domestico ripropongono l‘ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo, al quale è stato recentemente dedicato un percorso di visita.
ACQUISTA IL BIGLIETTO Appartenuto per secoli alla famiglia Challant, il castello conserva i caratteri di una elegante e raffinata dimora signorile della fine del Quattrocento.
Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati e uniti, creando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all‘italiana, sul cui alto muro di cinta erano dipinti personaggi famosi ed eroi. L’ampio porticato al piano terreno protegge una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre il centro del cortile è ornato dalla celebre fontana in ferro forgiato detta del Melograno, simbolo di prosperità. Molti ambienti del castello sono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, quali gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica.
La dimora fu acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo: egli, con un’attenta campagna di restauro, restituì al maniero il suo splendore. Il castello di Issogne si presenta oggi con alcuni elementi dell‘originale mobilia e altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento che insieme a numerosi oggetti d‘uso domestico ripropongono l‘ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo, al quale è stato recentemente dedicato un percorso di visita.
Informazioni Castel Savoia Strada Castello Savoia 1 GRESSONEY-SAINT-JEAN tel. 0125355396 e-mail: beniculturali@regione.vda.it |
Orari Ottobre – Marzo: 10.00 – 13.00 / 14.00 – 17.00 Aprile – Settembre: 9.00 – 19.00 Chiuso il lunedì eccetto nei mesi di luglio, agosto e festivi Chiuso 25 dicembre e 1°gennaio |
AVVISI
Dal 7 dicembre 2024 al 16 marzo 2025 verrà applicata a tutti la tariffa ridotta, in quanto alcune zone lungo il percorso di visita non saranno accessibili.
COME ARRIVARE
All‘uscita del casello autostradale A5 di Pont-Saint-Martin, seguire le indicazioni per la Valle del Lys. Percorrere l‘intera vallata sino a giungere a Gressoney-Saint-Jean. Prima di entrare in centro paese svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per il Castel Savoia. Parcheggiare nel piazzale posto a fianco del viale di ingresso e percorrere un breve tratto a piedi.
CENNI STORICI
LE ORIGINI
IL PROGETTO
IL PANORAMA
Siamo nella Valle del Lys, o Valle di Gressoney, la prima che si incontra arrivando dal Piemonte.
Tra Otto e Novecento, la Regina Margherita, consorte del re d’Italia Umberto I di Savoia, sceglie Gressoney come luogo in cui stabilire la propria residenza estiva, lanciando una moda che fece di quella valle una meta prediletta per escursioni e soggiorni da parte della nobiltà torinese.
La residenza è dotata di ogni confort ed è improntata a un Eclettismo sontuoso e vario; l’ebanista Michele Dellera realizza mobili e boiseries in stile neomedievale mentre le vetrate dipinte sono opera dell’artista Carlo Cussetti, che cura tutta la decorazione pittorica della dimora.
I richiami alla casata permeano gli ambienti, con monogrammi, motti e nodi Savoia e margherite che fanno capolino dai cassettoni in legno del soffitto e fra gli sguanci delle finestre.
Al piano terreno si trova la zona giorno, mentre al piano nobile vi sono gli appartamenti reali. L’ultimo piano è invece riservato ai membri della corte.
Nella proprietà del castello si trovano la foresteria e la rimessa, mentre le cucine sono posizionate poco distanti dall’edificio e collegate alla struttura principale da un sistema di rotaie Decauville per il trasporto delle pietanze.
PROTAGONISTI
Margherita di Savoia nasce a Torino nel 1851. È figlia di Elisabetta di Sassonia e del duca Ferdinando di Savoia Genova. A soli sedici anni sposa il cugino ed erede al trono, Umberto, e con lui si trasferisce prima a Napoli, poi a Roma. Nel 1869 dà alla luce il futuro re Vittorio Emanuele III. È la prima regina dell’Italia unita ed è ricordata per il suo apprezzamento per la moda, la musica, la montagna. A Gressoney fa costruire una dimora, Castel Savoia, per la propria villeggiatura estiva. Fervente cattolica e dalle idee conservatrici, interviene nelle questioni politiche come nella vita culturale e mondana. Resta vedova nel 1900 dopo l’assassinio del re e si spegne nel 1926 a Bordighera.
Emilio Stramucci nasce a Roma nel 1845 e muore a Firenze nel 1926. Dopo la laurea in architettura e ingegneria, collabora al restauro, apprezzatissimo, della Chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma. Qui comincia la sua fortuna, che lo porta all’incarico per la costruzione di Castel Savoia, dimora eclettica dotata di ogni comfort che la Regina Margherita sceglie come propria residenza estiva. A Gressoney lavora con la sua collaudata équipe di maestranze già attive a Palazzo reale di Torino e nei cantieri sabaudi, ma si appoggia anche agli impresari e agli artigiani locali, tra cui il falegname Floriano Lateltin. La sua figura è ricordata nel busto che lo raffigura al primo piano del percorso museale.
La Regina Margherita giunge in Valle d’Aosta nel 1880 per soggiornare al castello di Sarre, mentre la sua prima visita a Gressoney risale al 1889, quando è ospite del barone Luigi Beck-Peccoz. Il barone, membro di un’importante famiglia di origine Walser, mette a disposizione della regina e della sua corte il castello di famiglia, oggi sede del comune. Durante la permanenza della regina il barone si trasferisce in un’altra proprietà nella stessa valle. Attraverso la frequentazione di Luigi Beck-Peccoz, abile scalatore, nasce in Margherita l’amore per la montagna e per le passeggiate, pratica che diventerà un forte attrattore turistico. L’amicizia tra il barone e Margherita di Savoia dura fino alla morte di lui, colpito da malore durante un’escursione sul ghiacciaio del Monte Rosa, nel 1894. Il Museo regionale della fauna alpina, voluto proprio da Beck-Peccoz, conserva la raccolta di trofei di caccia, armi e cimeli di famiglia.
Michele Dellera nasce a Torino nel 1860 e si diploma all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove in seguito insegnerà. Apre uno studio laboratorio di ebanisteria in via Berthollet e riceve incarichi di prestigio per il Palazzo Reale di Torino, che gli fruttano il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Per la regina Margherita disegna la cappella di palazzo a Roma e alcuni arredi destinati a Stupinigi. Lavora anche a Lione e Genova aggiudicandosi diversi premi alle Esposizioni nazionali. A lui si devono mobili e arredi di Castel Savoia, tra i quali lo scalone in rovere, i soffitti a cassettoni intagliati e decorati, le boiserie. Muore poco dopo aver ultimato i lavori al castello, nel 1905.
FOCUS
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